Un Invito a Sfida Disciplinare Giocosa
Scritto da: Wenlin Tan, mentre ascoltavo Lost
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Dopo la deludente prestazione a Silverskiff, il mio primo istinto è stato di scomparire silenziosamente dal circolo, evitando ogni spiegazione. Ma già all’alba del giorno dopo, con le mani screpolate e il braccio sinistro dolorante, mi sono ritrovata a correre lungo il Po. La rabbia che mi bruciava dentro mi ha spinto oltre i miei limiti – le guance intorpidite dal freddo, le gambe tremanti come gelatina.
Non era solo il dolore fisico a tormentarmi. Il mio braccio sinistro mi aveva tradito, impedendomi di remare con la mia solita tecnica. Peggio ancora, sentivo di aver deluso il mio Circolo di Canottaggio. Avrei preferito arrivare ultima in 10 ore, remando con la mia solita grazia, piuttosto che remare male e causare problemi agli altri.
Non sono uno che si arrende facilmente, anzi, ho già ripreso ad allenarmi pensando al 2025. Ma due conversazioni al circolo mi hanno scosso nel profondo: al bar, quando qualcuno ha messo in dubbio la mia tecnica, e in palestra, quando qualcun altro ha insistito nel parlare dei miei “errori” in gara, nonostante io avessi cortesemente rifiutato. Queste interazioni, più della gara stessa, mi hanno fatto riflettere su cosa significhi davvero il fallimento.
Andare a fondo: Analisi su I “Errori”
La mia tecnica, anche se perfezionabile, non era il vero problema. Coach Bruno, che mi ha seguito sul motoscafo a settembre, aveva confermato a Coach Cate la qualità della mia tecnica. Prima delle tre settimane di maltempo, remavo decentemente sull’IK, completando gli 11km di Silverskiff in un’ora e dieci minuti.
Cos’è andato storto, allora? Tre fattori hanno contribuito alla mia performance sottotono:
1. Il Maltempo Imprevisto
Tre settimane senza poter remare sul Po hanno lasciato il segno. Nonostante mi fossi allenata con bici, vogatore e pesi, nessun esercizio ha preparato adeguatamente i miei avambracci e le dita per la rotazione dei remi.
Immagine da Torino Today
La soluzione? Mi allenerò con una pinza per le mani e, con l’aiuto di Coach Fede, svilupperemo una guida specifica per il potenziamento della parte superiore del corpo.
2. L’Attrezzatura Diversa
Solo undici giorni prima della gara, mi sono ritrovata con una barca 1I invece della solita 1K. La differenza cruciale era qualcosa che non ho mai pensato, e queste immagini dicono tutto:
Maniche delle barche 1K e 1I
La taglia delle maniche dei remi sono molto diverse.
Ma non è tutto: l’impugnatura è completamente diversa. L’impugnatura per 1K ha delle scanalature per le dita, mentre quella per 1I no.
Dalla Guida delle maniche di Concept2 Rowing,
Le manche dei remi e delle pagaie sono il collegamento dell’atleta con il remo. Le mani più piccole hanno bisogno di impugnature più piccole e le mani più grandi hanno bisogno di impugnature più grandi. Avrai bisogno di un’impugnatura che ti consenta di oscillare facilmente.
Durante Silverskiff, non solo remavo con manici più grandi, ma anche con manici senza scanalature per le dita.
Un test con i remi della barca doppia, dotati di maniche più piccole, ha confermato quanto l’ergonomia sia fondamentale – il mio braccio sinistro non ha dato quasi alcun problema. Per il futuro, mi assicurerò di avere remi adatti alla misura delle mie mani e mi allenerò regolarmente su entrambe le barche.
3. Le Condizioni di Gara
La mia routine mattutina di remare in solitudine è molto diversa dal caos di una gara con 700 partecipanti e le boe. Il continuo dover evitare collisioni e cambiare rotta ha consumato energie preziose.
Immagine da Mole24
Anche se non posso controllare la fortuna – alcuni atleti hanno trovato percorsi più liberi – posso prepararmi meglio. Inizierò ad allenarmi nelle ore più trafficate del fiume, abituandosi a gestire situazioni caotiche con calma.
La vera debolezza
Il vero dono di Silverskiff non è stata la scoperta dei limiti del mio braccio sinistro, ma qualcosa di più profondo: la mia vulnerabilità di fronte al giudizio altrui. Mi sono scoperta fragile quando devo giustificarmi con chi, pur conoscendomi appena, si sente in diritto di fare supposizioni su di me.
Come condensare in poche parole mesi di preparazione e impegno? E perché, poi, dovrei sentirmi in dovere di spiegare? Ogni volta che qualcuno mi suggeriva di “rivedere i miei errori” o “migliorare la tecnica”, mi sentivo sotto processo. Incompresa. Arrabbiata. Ferita.
Eppure, riflettendoci con il cuore più calmo, ho capito: dietro quelle parole, anche se maldestre, si nascondeva spesso una genuina preoccupazione. Le domande dei miei compagni di circolo, per quanto scomode, erano manifestazioni di cura. Non erano interrogatori, ma tentativi di connessione.
L’amore e la cura esiste in tutte le forme
Sull’amore, nelle parole del poeta inglese David Whyte:
Non possiamo mai sapere all’inizio, quando ci affidiamo a una persona, a un’opera, a un matrimonio o a una causa, esattamente in che tipo di amore siamo coinvolti. Quando pretendiamo un certo tipo specifico di reciprocità prima che la rivelazione sia completamente sbocciata, ci ritroviamo delusi e in lutto, e in quel dolore potremmo perdere la particolare forma di amore che è effettivamente possibile ma che non ha soddisfatto le nostre aspettative iniziali troppo specifiche.
Sentendoci privati, assumiamo come nostra identità quella di qualcuno che è deluso dall’amore. La nostra delusione quasi orgogliosa ci impedisce di vedere la mancanza di reciprocità dalla persona o dalla situazione semplicemente come un difficile invito a una forma di affetto più profonda e ancora irriconoscibile.
L’atto stesso di amare diventa sempre un cammino di umile apprendistato, non solo nel seguire la sua via difficile e scoprire le sue diverse forme di umiltà, ma stranamente, attraverso la sua feroce introduzione a tutte le sue numerose forme sorprendenti e diverse, dove ci viene chiesto continuamente e contro la nostra volontà, di dare in così tanti modi diversi, senza sapere esattamente, o in che modo, quando o come, il dono misterioso verrà restituito.
Accecato dalla dura delusione e dalla rabbia che provavo verso me stessa, non riuscivo a vedere l’amore e la cura degli altri.
Rabbia, determinazione e compassione
La maggior parte di noi disprezza o evita la rabbia, ma nessuna emozione, nemmeno la rabbia, è intrinsecamente negativa. Le emozioni sono informazioni vitali; ci rivelano le nostre convinzioni, i nostri valori, le aspettative verso gli altri e il mondo.
Nei Cinque Elementi (che è alla base della filosofia taoista e del Qigong che insegno), quando uno è sbilanciato, l’energia dell’Elemento Legno si manifesta come Rabbia: la frustrazione e il senso d’impotenza che proviamo quando la vita si svolge diversamente da come vorremmo.
Ma l’energia dell’Elemento Legno è anche la forza della crescita, dell’alba dopo la notte e dell’inizio di ogni progetto, di ogni cosa ancora in formazione. Quando è in equilibrio, questa energia si manifesta in una forma molto diversa: come volontà inarrestabile e la determinazione a migliorare il corso delle cose, e come compassione per sé stessi e per gli altri.
I recenti conflitti mi hanno permesso di scoprire una verità importante: anche attraverso la rabbia possiamo aprirci a dialoghi sinceri e profondi. Nei rapporti autentici, persino i conflitti possono trasformarsi in opportunità per rafforzare la fiducia e la comprensione reciproca.
Le relazioni genuine non sono prive di tensioni, ma quando c’è cura sincera, ogni emozione – anche la rabbia – può evolvere in compassione e nutrire un legame più profondo.
Riprenditi la gioia e mettiti in Gioco
Prima di Silverskiff, il canottaggio era la mia gioia pura. Ma quando gli altri hanno iniziato a parlarmi di tempi da rispettare e prestazioni da dimostrare, quella gioia si è offuscata sotto il peso delle aspettative. Sebbene mi sia innamorata della disciplina dell’allenamento, ho perso di vista l’essenziale: la semplice felicità di remare con i miei amici all’alba e la pace di vogare dolcemente in solitudine.
La lezione più importante non riguarda la tecnica o la forza fisica, ma ‘tenere i remi con leggerezza’: come i bambini che giocano liberamente, devo ritrovare quella curiosità spontanea e quella gioia pura, senza il timore del giudizio altrui.
L’opportunità nascosta
Il più grande errore sarebbe stato permettere a una sconfitta temporanea di diventare una perdita permanente. La mattina di Silverskiff, una newsletter mi portò queste parole, quasi fosse un messaggio della Sorgente:
La sconfitta è il modo in cui la vita ti fa capire che sei fuori rotta. In ogni sconfitta c’è una lezione o un’opportunità nascosta: un’occasione per costruire il tuo carattere.
Non importa cosa ci accade, ma come rispondiamo a ciò che ci accade. L’anno scorso, nei primi mesi in cui mi sono resa conto della debolezza del mio braccio sinistro, avevo cercato di allenarlo usando una pinza per la mano, facendo faccende e persino scrivendo con la sinistra.
Quanto sarebbe stato bello imparare a scrivere con la sinistra, attivando così l’altro emisfero del cervello! Ma non mi sono mai impegnata fino in fondo e, appena scomparso il dolore all’avambraccio, ho smesso quasi subito. Non avevo una ragione chiara per continuare.
Un invito a una sfida disciplinare giocosa
Ma ora è diverso. Nella stessa newsletter, c’era una seconda citazione che mi indicava cosa fare:
Dedicarsi a qualcosa per un mese ottiene più risultati che dilettarvisi per un decennio. Il dilettante disperde la sua energia, ma la persona focalizzata si concentra su uno scopo. Il concorrente più pericoloso è colui che ha un unico obiettivo.
Questa è la mia sfida per dicembre: trasformare la disciplina in gioco. Dedicherò ogni giorno mezz’ora al rafforzamento del mio braccio sinistro e scriverò una lettera al mio futuro io, quando avrò bisogno di sostegno.
Ti invito a unirti: scegli qualcosa di difficile che hai sempre evitato, ma che sai ti farà bene. Affrontalo con leggerezza e gioia per 31 giorni.
Ti racconterò com’è andata… magari scrivendo il prossimo articolo con la mano sinistra 🙂
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